Una ricerca condotta all’Università della California a San Francisco (UCSF) ha segnato un importante traguardo nel campo delle neuroprotesi per il linguaggio, aprendo nuovi orizzonti per coloro che a causa di malattie o traumi hanno perso la capacità di comunicare tramite il parlato. Grazie all’applicazione dell’intelligenza artificiale e al frutto di oltre un decennio di studi, il team di scienziati guidato dal neurochirurgo Edward Chang ha sviluppato una “neuroprotesi vocale” in grado di consentire a un paziente con grave paralisi di esprimere frasi coerenti, tramite la decodifica dei segnali cerebrali direttamente in testo su uno schermo.
Pubblicata il 15 luglio sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine, la ricerca rappresenta una vera e propria svolta nella vita delle migliaia di persone che ogni anno si trovano a fronteggiare l’incapacità di comunicare, dovuta a ictus, malattie neurodegenerative o incidenti. Questa affascinante scoperta dimostra la potente sinergia tra il mondo dell’intelligenza artificiale e quello delle neuroscienze, portando la comprensione e l’applicazione delle neuroprotesi a un livello finora inesplorato.
La ricerca di Chang e del suo team si distingue, in particolare, da precedenti tentativi di sviluppare neuroprotesi per la comunicazione, poiché si basa sulla traduzione dei segnali cerebrali destinati al controllo delle strutture muscolari coinvolte nella fonazione, piuttosto che sulla decodifica dei segnali per il movimento dei muscoli delle braccia o delle mani utilizzati nella scrittura o nella digitazione. Questo approccio consente di sfruttare il naturale e fluido aspetto del parlato e promette una comunicazione più rapida ed organica, rispetto alle precedenti tecniche di decodifica.
Gli avanzamenti ottenuti grazie a questa ricerca sono stati possibili grazie alla partecipazione di pazienti volontari presso il centro di epilessia dell’UCSF, i quali si sono prestati per analizzare l’attività cerebrale riguardante il linguaggio durante le loro neurochirurgie per la localizzazione dell’origine dei loro attacchi epilettici.
Dai primi successi ottenuti con questi pazienti volontari, il team di ricerca è passato al successivo stadio, ovvero l’applicazione della tecnologia a persone con paralisi grave. Grazie all’aiuto di David Moses, ingegnere post-dottorato del laboratorio di Chang e co-autore dello studio, sono stati sviluppati nuovi metodi per la decodifica in tempo reale dei pattern di attività cerebrale e per l’utilizzo di modelli statistici del linguaggio al fine di migliorare l’accuratezza della decodifica delle parole.
Il passaggio dalla decodifica del linguaggio in pazienti in grado di parlare a persone con paralisi delle strutture vocali non è stato affatto scontato e di facile esecuzione. Le difficoltà incontrate erano legate all’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale nella decodifica della corrispondenza tra complesse attività cerebrali e il linguaggio intenzionale, soprattutto in soggetti incapaci di produrre suoni. Inoltre, non era dato sapere se i segnali cerebrali deputati al controllo delle strutture vocali fossero ancora integri in pazienti che da anni non utilizzano tali strutture.
Nonostante le sfide, il risultato è stato sorprendente: il sistema ideato è stato in grado di decodificare le parole dall’attività cerebrale a una velocità fino a 18 parole al minuto, con un’accuratezza fino al 93% (75% in mediana). L’introduzione di modelli di linguaggio per implementare una funzione di “auto-correzione”, simile a quella utilizzata nei software di scrittura e riconoscimento vocale, ha ulteriormente contribuito al successo dell’esperimento.
La portata di questa scoperta è di grande rilevanza sia dal punto di vista scientifico che da quello umano, in quanto offre uno strumento concreto per ridare voce a chi ne è stato privato, aprendo le porte a nuove possibilità di comunicazione tra individui e migliorando sensibilmente la qualità della vita dei pazienti affetti da gravi disabilità motorie e da deficit comunicativi.
Il futuro di queste ricerche prevede l’estensione della sperimentazione a un maggior numero di partecipanti con paralisi grave e deficit comunicativi, nonché l’ampliamento del numero di parole disponibili nel vocabolario del sistema e l’incremento della velocità del linguaggio decodificato. Sebbene la sperimentazione sia stata condotta su un singolo paziente e con un vocabolario limitato, questo non riduce il valore dell’importante risultato ottenuto, destando grande interesse nel mondo scientifico e consolidando ulteriormente la collaborazione tra intelligenza artificiale e neuroscienze a beneficio dell’umanità.
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