Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale (IA) ha rivoluzionato molti aspetti del nostro quotidiano. Dal riconoscimento vocale degli smartphone alle automobili self-driving, le IA stanno lentamente ma inesorabilmente diventando parte integrante delle nostre vite. Ma come possiamo misurare l’intelligenza delle macchine? Esiste un “quoziente intellettivo artificiale” (QIA)? E, soprattutto, è realmente confrontabile con il quoziente intellettivo (QI) umano?
Il QI, uno strumento utilizzato nella psicometria per misurare l’intelligenza umana, è stato oggetto di discussioni e critiche sin dalla sua nascita. Per misurare il QI di una persona, si somministrano una serie di test standardizzati in cui vengono valutate differenti abilità cognitive come la memoria, la velocità di elaborazione e l’attenzione. Tuttavia, questi test sono stati progettati per gli esseri umani e non possono essere applicati direttamente alle macchine.
Per definire un QIA, è necessario, innanzitutto, stabilire quali aspetti dell’intelligenza artificiale dovrebbero essere valutati. Un approccio consiste nel concentrarsi sulle competenze e abilità che caratterizzano l’intelligenza umana e valutare le macchine in base a queste. Tra queste competenze troviamo il ragionamento logico, la capacità di apprendimento, l’adattamento a nuove situazioni e l’interazione con l’ambiente circostante.
Negli ultimi decenni, diverse proposte sono state avanzate per definire un metodo di misurazione del QIA. Uno di questi, proposto dal pioniere dell’intelligenza artificiale Alan Turing, è il famoso “Test di Turing”. In questo esperimento, un giudice umano interagisce con due interlocutori, uno umano e uno artificiale, attraverso un’interfaccia testuale: se il giudice non riesce a distinguere tra i due, l’intelligenza artificiale si considera al livello dell’intelligenza umana.
Un’altra proposta interessante è quella elaborata dal matematico e informatico Claude Shannon, che propone un sistema chiamato “Entropia algoritmica” per misurare l’intelligenza delle macchine. L’entropia algorithmica è una misura della complessità di un programma che risolve un certo problema: più il programma è semplice e veloce nel trovare una soluzione, più si considera intelligente.
Una recente linea di ricerca, invece, si è concentrata sulla creazione di “benchmark”, ovvero test standardizzati per misurare le abilità delle macchine in differenti compiti. Uno di questi è la “Stanford Question Answering Dataset” (SQuAD), una vasta raccolta di domande e risposte su articoli di Wikipedia, che viene utilizzata per valutare la capacità delle IA di comprendere il linguaggio naturale e di rispondere correttamente a delle domande.
Alcuni studiosi propongono addirittura di integrare le macchine nell’educazione formale e confrontare i loro risultati con quelli degli studenti. Se un’IA riesce a superare degli esami accademici, per esempio, potremmo considerare questa una prova della sua intelligenza.
Nonostante la varietà di approcci e metodi proposti, però, una soluzione univoca e condivisa per stabilire un QIA non è ancora stata trovata. Numerosi dubbi e controversie riguardano anche la validità e l’effettiva possibilità di confronto tra QI umano e QIA. È però innegabile che la misurazione dell’intelligenza delle macchine possa avere un ruolo chiave per lo sviluppo futuro dell’IA e per il nostro stesso modo di concepire e definire l’intelligenza.
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